La cucina tradizionale canturina non si differenzia sostanzialmente da quella della Brianza nel suo insieme. I prodotti di una economia agricola “povera” hanno favorito l’affermarsi di piatti popolari come la polenta, la cassoeula (uno sorta di stufato di verze, meglio se raccolte dopo i primi rigori invernali, e costine di maiale) o come la busecca (una minestra di verdure con l’aggiunta del “foiolo”, come nelle zuppe di trippe).

Tra le carni la preferenza è accordata al maiale. Cacciatori, filzette, salamelle, mortadelle di fegato, cotechini codegotti, luganighe, salami (crudi e cotti) sono stati per moltissime generazioni, ma lo sono ancora, piatti di rilievo nella cucina brianzola. Anche la carne di vitello si è ricalcata, soprattutto a partire dall’ultimo dopoguerra, uno spazio sempre crescente, e sulla tavola dei canturini è sempre gradito un piatto di “uccelli scappati” (involtini) con la polenta o una bella cotoletta impanata.

Non mancano, ovviamente, nelle diete i tipici piatti regionali come i risotti con la luganega, i minestroni, gli spezzatini, gli ossi buchi, i brasati, gli stracotti, le lingue salmistrate e le carni di pollo e di coniglio cucinate in umido o arrosto.

Rilevante è anche il consumo di verdure: fagiolini, piselli, fagioli, taccole e, naturalmente, verze (che vengono consumate anche crude in insalata tagliate a strisce sottili), cicorie (ottime d’estate, tagliate finemente, con l’aggiunta di un po’ di cipolla e uova sode) e patate, molte patate.

Il pane infine, “anche se non è più quello di una volta”, merita una segnalazione proprio per la cura che i fornai di Cantù ancora prestano nell’imitare le antiche tradizioni dei maestri panettieri.

Sparito il “zincarlin”, come produzione locale tradizionale, si possono scegliere i formaggi delle aree circostanti. Ciò vale anche per i vini e per i dolci. Tra questi ultimi, i “pan tranvai” e le “chiacchere” sono, ormai, utilizzati solo come merende in particolari ricorrenze. Bandite sono ormai, invece, le “rusumade”, le “cagiade” e le “cutisce” e i vari zabaglioni.

Le trasformazioni economiche, ancor più delle immigrazioni, hanno necessariamente cambiato le abitudini alimentari, per cui la cucina tradizionale, tipica di una cultura contadina secolare, si è un po’ appannata, nonostante la riscoperta di questi ultimi anni. Nella pratica quotidiana è sempre più presente un tipo di cucina nazionale, industriale, veloce. Restano, comunque, sempre locali tipici, ottimi ristoranti e trattorie, e le numerose ricorrenze e festività che si offrono come ghiotte occasioni per riproporre i piatti della nonna.

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